Domenica 9 aprile 2017 ci sarà la possibilità di visitare, con dei percorsi guidati realizzati in collaborazione con Officine Culturali, il Museo Archeologico dell’Università di Catania. Le visite si concentreranno nella mattinata, avranno una durata di circa 50 minuti ed inizieranno intorno alle 10:00 del mattino (la conclusione è prevista per le ore 12:00). La partecipazione prevede la prenotazione obbligatoria, che può essere fatta chiamando i numeri telefonici 0957102767 e 3349242464.
Il piano terra del Palazzo Ingrassia di Catania ospita, dalla fine del 2015, la piccola esposizione archeologica che costituisce il Museo Archeologico dell’Università di Catania. Il Museo è stato organizzato raccogliendo vari reperti archeologici che sono stati donati da Paolo Orsi, grande pioniere dell’archeologia italiana dello scorso secolo (sui cui resoconti ancora si studia e a cui è intitolato il Museo Archeologico di Siracusa, del quale fu Direttore), e dai reperti donati al Dipartimento catanese dall’archeologo, professore e Rettore Guido Libertini. La Collezione Libertini (così sono oggi chiamati i reperti donati dall’ex Rettore) è composta da calchi in gesso raffiguranti busti femminili e dalla collezione numismatica appartenuta a Monsignor Salvatore Ventimiglia. Guido Libertini è stato prima insegnante di archeologia all’Università di Catania, poi Preside della Facoltà di Lettere e successivamente Rettore dello stesso Ateneo catanese (dal 1947 al 1950). In precedenza, Guido Libertini era stato per due anni (1939-1941) Direttore della Scuola Archeologica di Atene. A lui si deve anche un progetto per l’apertura del Museo Civico di Catania, ospitato nei locali del Castello Ursino.
La particolarità della Collezione e del Museo, in generale, riguarda proprio i reperti archeologici che vi sono esposti. Si tratta, infatti, in larga parte di falsi: quei famosi “Falsi di Centuripe” che sono stati realizzati da Antonino Biondi, il celebre tombarolo, falsario e ricettatore che ha iniziato una vera e propria attività di produzione di reperti contraffatti nel cuore della Sicilia, con tanto di collaboratori e discendenti che hanno continuato la sua opera fino alla loro scomparsa. Antonio Biondi è stato per lungo tempo ritenuto un benefattore nel campo dell’archeologia e un aiuto fondamentale nei ritrovamenti di natura archeologica che hanno riguardato il territorio di Centuripe nei decenni che si collocano intorno alla metà del secolo scorso. La scoperta della vera attività del Biondi è stata fatta grazie al lavoro degli esperti dell’Ibam CNR di Catania, che ha esaminato e studiato i reperti insieme agli esperti dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, e soprattutto grazie alla scoperta del taccuino di Antonio Biondi. Proprio il taccuino, che contiene disegni realizzati durante lo svolgimento di scavi abusivi, è finito nelle mani del Dott. Giacomo Biondi dell’Ibam CNR e si è rivelato essere una vera e propria chiave di volta per lo svolgimento di un corretto studio dei reperti della Collezione Libertini.
Il piccolo Museo è organizzato in cinque sale ed è corredato da brevi pannelli illustrativi, in lingua italiana ed inglese, che danno al visitatore delle informazioni sul periodo storico e sui relativi reperti archeologici che sono mostrati in ogni sala. La prima sala è quella dell’età preistorica, che ospita reperti databili tra IV e III millennio a.C. e all’epoca protostorica del Bronzo Antico, e perlopiù provenienti dalle pendici dell’Etna (dal comprensorio territoriale ce si muove tra Misterbianco e Piano Tavola). Facilmente distinguibili sono i frammenti ceramici appartenenti alla facies archeologica di Castelluccio, decorati da linee brunastre su sfondo più chiaro. La seconda sala è quella dell’epoca arcaica e raccoglie reperti vari, tra cui ricordiamo un’arula (un altarino), matrici, una tegola a forma di maschera gorgonica e una particolare olpe etrusco-corinzia attribuita al Pittore dei Rosoni. Tra i reperti di epoca classica spiccano una pelike attica a figure rosse (fine V secolo a.C.), un cratere a figure rosse del “Gruppo Scoglitti” (inizi IV secolo a.C.), e un cratere a figure rosse del cosiddetto “Pittore della scacchiera”(fine V-inizi IV secolo a.C.), oltre a numerose maschere teatrali e resti frammentari di ex voto. I crateri sono entrambi di produzione siceliota (con il termine “Sicelioti” si è soliti indicare i Greci di Sicilia, quindi non quelli della madrepatria). Per l’età ellenistico-repubblicana, oltre a numerosi reperti di dubbia autenticità (soprattutto terrecotte figurate tra cui spicca un esemplare caricaturale della dea Atena), si distinguono un bellissimo sistro in bronzo di provenienza catanese e una statua, di piccole dimensioni, di giovane nudo (forse un atleta?) proveniente da Gela e databile nel III secolo a.C. Databile tra III e II secolo è, inoltre, una lekane con coperchio a presa scomponibile a decorazione figurata policroma (provenienza Centuripe). L’ultima sala è quella dedicata all’età imperiale e ai “Falsi di Centuripe”: busti femminili (con un busto della dea Atena), terrecotte figurate, cinerari etruschi, pinakes; tra questi falsi si può fare un distinguo tra i reperti totalmente falsi e kylikes, alabastra, olpai, brocche, tondi, clipei, piatti e tegole piane che sono realmente di fattura antica e che sono stati però dipinti nella prima metà del Novecento. Alcuni dei falsi sono stati realizzati utilizzando delle matrici originali in possesso della bottega del Biondi. La sala ospita anche una piccola ma interessantissima carrellata di materiale epigrafico con testi di carattere pubblico, onorario e funebre.
Il Museo Archeologico dell’Università di Catania e la Collezione Libertini sono stati raccontati nel volume “Il Museo di Archeologia dell’Università di Catania-La Collezione Libertini”, edito da Bonanno Editore, a cura del già citato Giacomo Biondi, di Graziella Buscemi Felici ed Edoardo Tortorici, con contributi degli studiosi Francesco Paolo Romano, Francesca Rizzo, Lighea Pappalardo.
Crediti fotografici: Maria Mento (foto realizzate in data 20/01/2016)
Maria Mento